Le nostre produzioni sono al momento solo teatrali. In futuro diventeranno anche cinematografiche.

Il teatro non è mai solo individualità.
Che tu sia autore, regista, attore o che interpreti più ruoli contemporaneamente, è un’arte che vive e respira attraverso la collaborazione. Fin dal mio esordio, ho condiviso il percorso con Filippo Borgia, responsabile del suono e delle luci di ogni mio monologo, e con Alice Ponti, delle volte coautrice, altre assistente alla regia, sempre fotografa di scena.

Insieme, abbiamo fondato la nostra casa di produzione: Rise Up, perché si evolve. Si evolve sempre.
Dal 10 luglio 2024, tutti i nostri lavori teatrali e artistiche — e presto anche cinematografiche — portano dunque la firma Rise Up.

Il nostro teatro, che oggi si avvale della collaborazione di professionist* provenienti da tutta Europa, nasce dall’esperienza dei monologhi e del metodo sperimentale che alterna improvvisazione disciplinata a studio meticoloso del copione e affonda le radici nella Testimonianza, accolta con Empatia e Rispetto. Il fulcro di ogni produzione è la Parola, il mezzo più potente che un autore e un attore possano impugnare, capace di dare corpo e anima a ogni storia.

La nostra missione, ora come allora, è chiara: portare Consapevolezza.
Ogni monologo e ogni prosa che mettiamo in scena non è solo teatro, ma il frutto di un’analisi culturale, politica e sociale, un’espressione della complessità umana e di una pluralità di voci. Abbiamo rispetto per i classici, che abbiamo studiato, ma in scena portiamo la nostra scrittura nella speranza che un giorno abbia, proprio come i classici, la capacità di essere al contempo memoria e luce per dipanare il buio dell’attualità.
In altre parole: vogliamo creare uno spazio di riflessione profonda, dove chi ascolta possa riconoscersi e, forse, trasformarsi.

Rise Up non è solo una casa di produzione. È un invito a guardare oltre, a esplorare nuove prospettive e a costruire insieme un dialogo che sia sempre autentico e aperto al cambiamento.

Ago & Filo

Locandina Ago & Filo

Ago & Filo

Arturo e Sofia, padre e figlia, vivono in equilibrio precario, legati da fili sottili che il dolore ha reso tesi. Dopo la morte della madre, la casa è cambiata: si è svuotata di parole e riempita di silenzi. Arturo intraprende una relazione occasionale con Elettra, sorella maggiore della migliore amica di sua figlia. Quando Sofia scopre il segreto, la quotidianità si lacera. Nel tentativo di ricucire ciò che sembra perduto, emergono rabbie sopite, carezze in ritardo, parole nuove. Ago & Filo è il racconto intimo e affilato di un amore imperfetto, che inciampa ma resiste. Un padre e una figlia si trovano costretti a reinventarsi, diventando adulti insieme. Un’opera delicata e sincera sull’essere genitori, figli, e sul coraggio di riallacciare un legame quando sembra ormai destinato a sfilarsi. Un lavoro di precisione emotiva, che racconta l’intimità del lutto con tenacia e pudore e la trasformazione dei legami familiari con delicatezza e misura.

Scritto da Antonio Roma
Regia di Antonio Roma
Con Alessandro Carfagna, Denise Cimino, Perla Maccari e Rachele Cerami
Audio e luci di Filippo Borgia
25/09/2024 – Teatro Faraggiana, Via dei Caccia, 1F Novara (NO)
24/10/2025 o 25/10/2025 – Milano
08/05/2026 o 09/05/2026 – Novara

Mary Lou

Grace vive chiusa in una stanza. Forse è una clinica, forse un sogno. Forse è solo la sua mente. Attorno a lei si muovono presenze ambigue: Giada e Greta, complici e spettatrici; Louis, un amore perduto e onnipresente, che definisce Grace più di quanto la completi; lo psichiatra, figura di cura o di inganno. I confini tra realtà e immaginazione si sfaldano, e ogni dialogo è un riflesso deformato: Mary Lou è un viaggio allucinato tra trauma e oblio, dolore e desiderio, dove tempo e identità implodono e la narrazione si piega su se stessa. Il mondo non crolla: è il fragile equilibrio interiore di una donna a cedere. Un dramma psichico ed erotico dove corpo e memoria si fondono in un’allucinazione scenica lucida e vertiginosa. Una partitura teatrale sospesa tra sogno e delirio, dove la scena diventa un organismo mentale, tra voce, carne, incubi.

Scritto da Antonio Roma
Regia di Antonio Roma
Con Alessandro Carfagna, Antonio Roma, Arianna Scotti, Fabiana Iannicelli, Rebecca Konate
Audio e luci di Filippo Borgia

16/05/2025 – Anteprima teatrale – Musica Nova, via Marie Curie 6 Novara (NO)
14/11/2025 – Milano
12/12/2025 o 13/12/2025  – Novara

Mary Lou

Mary Lou

GOLPE – She Was Gone. She Was Here. She Never Left.

Locandina Golpe

GOLPE – She Was Gone. She Was Here. She Never Left.

Una donna sopravvive a qualcosa che non può nominare, entra in terapia, sposta le sedie, sbatte le palpebre, osserva il medico mentre parla della mente come fosse un ascensore, lei si spoglia con lo sguardo e lo bacia, lui cede e si amano nel buio di una stanza che odora di disinfettante e peccato, la moglie lo scopre, entra, affronta, tocca, geme, confonde la pelle con una geografia familiare, una ferita mai chiusa, un colpo di stato sulla carne, poi la voce, poi la luce, poi la verità: era lei, la migliore amica, l’assente, la dispersa, la creduta morta, eppure viva, eppure lì, eppure pronta, l’innesco, la bomba erotica della memoria, il golpe nella storia privata, la risata della Storia che torna travestita da amore, da fame, da desiderio, e ogni amplesso è un’apertura al regime, ogni carezza un silenzio complice, ogni volta che diciamo mai più è già tardi, perché il fascismo prima di marciare, seduce, esplode, resta, e Golpe è la prova che basta una stanza, una terapia, un desiderio per precipitare nell’abisso e chiamarlo guarigione.

Nebbia – Ti ricordi di noi?

Cosa resta quando la memoria si sbriciola tra le dita? Nebbia è un monologo a due voci che attraversa l’Alzheimer con pudore, poesia e verità. Da un lato, chi si perde. Dall’altro, chi resta. Ma l’affetto – anche se dimenticato – continua a esistere. In scena, due presenze che si cercano attraverso il tempo, nel tentativo di ricostruire un’identità che sfuma. Tra frammenti di lucidità, gesti ripetuti, oggetti simbolici e silenzi carichi di attesa, prende forma un racconto intimo e universale. La scena si fa abbraccio, il teatro diventa rifugio, spazio di cura, rito della presenza. In un tempo che ha fretta e dimentica, Nebbia invita a rallentare, a riconoscere l’umanità nei vuoti, nei piccoli atti di attenzione, nelle mani che tremano e nei nomi che svaniscono. Un testo intenso, minimale e profondo, che trova nella sottrazione la sua forza scenica e nell’essenzialità del gesto la sua potenza emotiva. Capace di accendere empatia là dove la luce sembra spegnersi, Nebbia è una dichiarazione d’amore per ciò che resiste all’oblio: il contatto, la presenza, la promessa muta di restare.

Scritto da Antonio Roma
Regia di Antonio Roma
Aiuto regia di Alessandro Carfagna
Con Fabrizio Bruno e Marta Massucco
Audio e luci di Filippo Borgia

19/09/2025 – Novara
16/11/2025 – Milano

Nebbia

Nebbia

Corpi

Corpi

Corpi

In un attico milanese si celebra la danza silenziosa di una crisi tra una coppia di amanti: Pietro, regista affermato in crisi creativa, e Vittoria, insegnante di psicologia, convivono un amore che unisce solo per mostrare quanto li separi. L’arrivo di Valentina, ex allieva inquieta di Vittoria, accende un gioco mentale e fisico che spezza ogni equilibrio. Iris, attrice idealizzata, incarna il desiderio e la competizione. Giacomo, attore invisibile, sogna di essere visto. Tutto si frammenta: corpi, identità, affetti. Tra narcisismi, tradimenti, relazioni consumate e consumanti, si disegna il ritratto di una società dove l’amore è sostituito dal desiderio e i sentimenti sono merci. Il confronto finale, come uno specchio infranto, rivela verità inconfessabili. Un dramma intimo e carnale sulla vulnerabilità, l’ambizione e la fine dell’amore come lo conoscevamo. Una drammaturgia contemporanea che alterna realismo e tensione sensuale, con un impianto visivo ispirato al linguaggio cinematografico.

Scritto da Antonio Roma
Regia di Antonio Roma
Adattamento a cura di Antonio Roma
con la collaborazione di  Alessandro Carfagna, Denisa Dracea e Sofia Visaggio
Aiuto regia di Alessandro Carfagna
Con Alessandro Carfagna, Alice Diamanti, Antonio Roma, Lorenzo Biagiotti, Lara Camparo, Linda Caterina Fornari
Audio e luci di Filippo Borgia

10/10/2025 – Novara
11/10/2025 – Milano
14/10/2025 – Roma
15/10/2025 – Roma

Mamma mi voleva professore

Un artista racconta, con passione e ironia, il tentativo di emergere come scrittore e regista in un Paese che considera la creatività un lusso, non una vocazione. Attraverso una narrazione lucida e intensa, il protagonista ripercorre sogni sfiorati, occasioni mancate, porte chiuse. Non solo da parte di chi dell’arte non sa che farsene, ma anche da un ambiente culturale pigro, appagato, che guarda alla novità con sospetto. Tra sarcasmo e delicatezza, prende forma il ritratto di un uomo che sceglie l’incertezza dei sogni all’inerzia della sicurezza, inseguendo un’utopia fatta di parole e bellezza. In scena, con lui, una donna: testimone, complice e antagonista, attraversa lo stesso sogno, lo stesso disincanto. Si incontrano, si innamorano, si perdono, si ritrovano. La guerra in Bosnia, le delusioni artistiche, la tenacia del ricominciare: ogni aneddoto diventa un atto di resistenza, una dichiarazione d’amore per l’arte come unica verità possibile. La loro storia, personale e professionale, si intreccia fino a farsi specchio delle contraddizioni del presente. Un dialogo a due voci, poetico e civile, che afferma con forza il potere salvifico della memoria e della bellezza fragile – mai sterile – dell’arte. Un racconto scenico che alterna confessione e invettiva, affidandosi alla sola forza della parola.

Scritto da Antonio Roma
Regia di Alessandro Carfagna
Con
Antonio Roma e Vera Clemente
Audio e luci di
Filippo Borgia

07/11/2025 o 08/11/2025 – Novara
15/11/2025 – Milano
14/03/2026 – Sondrio

Mamma mi voleva professore

Mamma mi voleva professore

Beatnik

Beatnik

Beatnik

A Milano, il Beatnik non è solo un ristorante: è un confessionale laico, un rifugio erotico e disperato dove anime stanche si sfiorano senza salvarsi. Bruno è pieno di debiti. Fran è incinta. Federico insegna letteratura, la moglie lo ha lasciato e vorrebbe fare coming out, ma ha paura di come la prenderebbero i suoi amici. Bea desidera chi – e ciò – che non può avere. Viola è sempre di buonumore, ma si imbottisce di pillole. Sta con Rocco, che ha rinunciato al tempo indeterminato per inseguire la musica, e la tradisce con Sole, che ha il cancro e aspetta una chiamata che non arriva mai. Sono corpi in bilico, legati da fili invisibili, che si toccano, si feriscono, si amano senza redenzione. Un racconto teatrale corale e crudele, dove la fragilità è linguaggio comune e il desiderio è una forma di resistenza. Beatnik è l’affresco dolente di chi resta mentre il mondo si sbriciola.

Scritto da Antonio Roma
Regia di Antonio Roma
Aiuto regia di Linda Caterina Fornari
Con Alessandro Carfagna, Antonio Roma, Alexandra Lazazzera, Davide Cioci, Fabiana Iannicelli, Fabrizio Bruno, Sofia Luna Vittoria Quattrocchi, Vera Clemente
Audio e luci di Filippo Borgia

16/01/2026 – Novara
30/01/2026 – Milano

Il Gabbiano

A Milano si inciampa nel desiderio e si resta soli. Non per colpa, ma per struttura. Un gruppo di persone prova a tenersi. Non ci riesce. Si evitano, si rincorrono, si amano male. Uno scrive. Uno beve. Una si dà. Un’altra finge. In mezzo, il teatro. Non vocazione, ma sopravvivenza. C’è un giovane autore convinto di dover cambiare tutto. Ma le sue battute non reggono. Vuole sovvertire il teatro, ma più di tutto vorrebbe che sua madre lo guardasse come si guarda qualcosa che si ama. Lei è un’ex attrice famosa. Vive sospesa tra realtà e personaggio. Recita anche quando si sciacqua il viso. Non lo ascolta da anni. Lui lo sa. Non dice nulla. Ma scrive. Ogni frase è una scusa. O una preghiera. Una ragazza arriva a Milano col sogno di recitare. Divide una stanza, lavora al bar. Si innamora. Pensa che basti. Poi capisce che servono i soldi. E qualcuno che dica: vai bene così. Lei non ce l’ha. Un uomo che un tempo riempiva i teatri ora fuma su un divano di velluto. Il suo volto lo ricordano in pochi. Le sue battute, nessuno. Parla poco. Dorme male. Quando lo chiamano “maestro”, non risponde. Milano è il vero personaggio. Non ti guarda in faccia, ma ti misura. È fredda anche col sole. Ti offre occasioni che non sai se meriti. Se provi a confidarti, ti restituisce silenzio. In fondo a tutto questo, sui Navigli, c’è un gabbiano morto. Nessuno lo guarda. Sta lì da giorni. Nel suo corpo gonfio c’è qualcosa che riguarda tutti. Ma nessuno si ferma. Non è tragedia. È solo quello che resta.

Scritto da Antonio Roma
Regia di Antonio Roma
Con Alessandro Carfagna, Antonio Roma, Fabrizio Bruno, Lara Camparo, Sofia Luna Vittoria Quattrocchi, Vera Clemente
Audio e luci di Filippo Borgia

06/02/2026 o 07/02/2026 – Novara

Il Gabbiano

Locandina Il Gabbiano

La stanza nel vento

Locandina La stanza nel vento

La stanza nel vento

C’è una casa abbandonata, in cima a un paese del Sud che sembra sul punto di franare nel mare. Un paese che odora di salmastro, ginestre e superstizione. La casa è nuda, sbrecciata, bellissima. E viva. L’ha ereditata Enea da un nonno che parlava poco, ma che faceva le marmellate di fico. Il vento entra sempre. Non bussa. Si infila sotto le porte, passa attraverso le fessure. Sa di resina e passato. E invade tutto, anche i pensieri. Enea arriva con le spalle piegate e lo stomaco vuoto. Ha fallito. Il suo debutto teatrale a Milano è stato un disastro. E con lui, è crollato tutto: la compagnia, i sogni. Ma se crolla tutto, almeno ci si tiene. Non per amore, ma per fame di corpi vicini. Non hanno un piano. Solo una stufa rotta da sistemare e un’idea sgangherata: trasformare quella casa dimenticata in un teatro. Un teatro vero, fatto di prove, di errori, di carne. Una residenza artistica senza fondi e senza certezze, dove l’unica cosa garantita è che manca l’acqua calda. Cucinano male, ma insieme. Fumano troppo. Litigano, si sfiorano, si prendono, si mollano. Fanno l’amore nei posti sbagliati. Sotto le finestre spalancate. Tra le scope. E poi provano, con le crepe della casa che diventano scenografie, e i silenzi che si trasformano in battute. I fallimenti, in scene madri urlate con le vene gonfie. Le notti non finiscono mai. Si srotolano come lenzuola stese sui fili arrugginiti, bagnate di sudore e malinconia. È un’estate che sa di mirto, ricordi e ferite, in cui la vita stessa si fa atto performativo. Dove ogni giorno è un tentativo disperato di fare arte per restare vivi. È un affresco erotico, emotivo, stropicciato. Dove ogni gesto è memoria. E ogni voce, un modo per dire: io sono ancora qui. E questa casa, questo teatro nato dalla rovina, ne sarà la prova.

Scritto da Antonio Roma
Regia di Antonio Roma
Audio e luci di Filippo Borgia
06/03/2026 o 07/03/2026 – Novara
13/03/2026 o 14/03/2026 – Milano
27/03/2026 – Roma
28/03/2026 – Roma

Antigone

In una Tel Aviv militarizzata, dove lo stato d’emergenza è diventato norma e le leggi marziali soffocano ogni dissenso, due fratelli cadono durante una sommossa nei territori occupati. Uno indossa l’uniforme dell’esercito israeliano, l’altro combatte per la libertà dei palestinesi. Uno viene celebrato come martire di Stato. L’altro, dichiarato traditore, resta abbandonato in una strada di Jenin, il corpo crivellato e insepolto, come ammonimento. Lei si chiama Antigone. È giovane, israeliana, cresciuta a Tel Aviv tra esercitazioni scolastiche e propaganda normalizzata. Ma è anche sorella. E disobbedisce. Attraversa il muro, recupera quel corpo scomodo. Lo lava, lo piange, lo seppellisce. Compie un gesto proibito, umano, irriducibile. Viene arrestata. Interrogata. Processata. Ma in un paese dove ogni schermo è una trincea, l’eco del suo gesto si propaga. Il suo atto di pietà diventa virus, fiamma, memoria. Antigone non tace: arde. Il suo volto diventa murales. Il suo nome, slogan. Il suo corpo, simbolo. Perché la coscienza precede la legge. Perché l’amore è più forte della propaganda. Perché ricordare chi si è è già un atto rivoluzionario.

Scritto da Antonio Roma
Regia di Antonio Roma
Con Davide Cioci, Chiara Palumbo, Fabrizio Bruno, Maria Teresa Deligio, Marta Massucco, Sara Santucci
Audio e luci di Filippo Borgia

20/03/2026 o 21/03/2026 – Novara
17/04/2026 o 18/04/2026 – Milano

Antigone

Locandina Antigone

DISOBEYED – The Unburied Antigone

Locandina Disobeyed

DISOBEYED – The Unburied Antigone

Una ragazza oltrepassa il muro. Le hanno insegnato a obbedire. Lei no. Due fratelli. Uno muore da soldato. Uno muore da uomo libero. Uno ha un funerale. L’altro, i vermi negli occhi. Antigone lo prende. Lo lava. Lo culla. Lo seppellisce. Non per pietà. Per fame. Per rabbia. Perché è sangue. Le mettono addosso parole: traditrice, puttana, bomba emotiva. Ma Antigone non è sola. Saffo è la lingua che brucia, la ferita che canta: Hai scelto l’amore. E non ti hanno mai insegnato come si sopravvive all’amore. Tiresia è occhio spento, visione cieca: Ti osservano, ti registrano, ti processano. Ma non vedono. E chi non vede, distrugge. In una cella bianca come l’inizio del mondo, Antigone urla senza voce. Le sue vene scrivono versi sui muri. Il suo corpo è prova, atto, altare. Non c’è tomba. Ma c’è memoria. Il suo nome diventa crepa. Il suo volto, murales. La sua voce, mina. Perché chi arde non obbedisce. Chi ama, non tace. Chi ricorda, disarma.

Rosa e ruggine

Sono amiche, vivono insieme in un appartamento a San Lorenzo, mentre studiano alla Sapienza. Condividono lo spazio, i vestiti, il frigo e le ferite. È il 25 novembre. Fuori, la città rumoreggia: gli slogan, la rabbia. Dentro, la cucina è ferma. La domanda è semplice, ma brucia: andiamo o restiamo? C’è chi non ha mai parlato, chi non ha mai smesso, e chi sta imparando ad ascoltarsi. C’è un vestito stropicciato su una sedia, una sigaretta che non si accende, un dolore che ha un nome finché non si trova il coraggio di pronunciarlo. Ma le parole insorgono, e l’insurrezione è nei dettagli: un trucco sbavato, un piatto rotto, un messaggio lasciato in sospeso. Rosa e ruggine è un dramma da interni, carnale e poetico, sospeso tra desiderio, paura e rabbia. Un teatro intimo e feroce, dove ogni gesto quotidiano si carica di significato, dove il corpo è il primo atto politico. Una liturgia laica e sensuale sulla sorellanza, sull’ascolto e sulla possibilità di riscrivere la propria storia, insieme. Perché ogni rivoluzione comincia da un gesto. Un mascara colato. Un silenzio rotto. Anche in cucina.

Scritto da Antonio Roma, Maira Taccori e Miriam Magalla
Regia di Antonio Roma
Con Alice Diamanti, Denise Cimino, Miriam Magalla, Sara Santucci
Audio e luci di Filippo Borgia

10/04/2026 o 11/04/2026 – Novara

Rosaruggine

Rosaruggine

The End is not the end

Locandina The end is not the end

The End is not the end

Jim Morrison non è più un uomo. È un mito intrappolato nel proprio corpo, un poeta in esilio dentro una stanza che si contorce tra l’America e Parigi, tra il tempo e l’eternità. The End is not the end esplora l’ultima notte del frontman dei Doors, ma anche tutte le sue notti precedenti: quelle infuocate sul palco e quelle abitate da visioni, silenzi e parole che nessuno voleva davvero ascoltare. È un’indagine teatrale e visionaria sull’identità, sulla libertà, sull’autodistruzione e sull’arte come forma estrema di resistenza. In scena, Morrison combatte contro la propria immagine, contro il peso del desiderio collettivo e dell’idealizzazione. Il suo corpo si spegne lentamente, ma la sua voce continua a bruciare nel buio, nella musica, nelle parole scritte a margine. The End is not the end non è una biografia, ma un requiem psichedelico, una confessione a porte chiuse. Il tempo è liquido, la realtà si deforma, l’identità si sgretola. È una discesa onirica nel delirio lucido di un uomo che non vuole morire, ma non riesce più a vivere. Perché The End is not the end non è davvero la fine: è l’eco che resta.

Scritto da Antonio Roma
Regia di Antonio Roma
Con Andrea Ciampi, Antonio Roma, Elena Sisti, Jacopo Spunton, Linda Caterina Fornari
Audio e luci di Filippo Borgia

22/05/2026 o 23/05/2026 – Novara

La Lupa

Nel ventre della Madrid post-franchista del 1979, un fotografo italiano con un fratello morto di overdose incontra una ballerina andalusa con cicatrici emotive. I due si confidano attraverso i corpi e bruciano. Ogni gesto è un atto sacro, ogni immagine un addio. Il loro amore non è salvezza, ma un rito carnale. Lo spazio scenico – un monolocale disadorno – si fa organismo vivo, mentre suoni, odori, luci e desideri costruiscono una cattedrale intima. La Lupa è un poema visivo, erotico, struggente: una preghiera nuda pronunciata nel buio, quando l’unico modo per esistere è farsi ricordare con la pelle. Attorno a loro si muovono ombre altrettanto brucianti: una figura travestita e passionale, un’esule cilena, e il fratello poeta e spacciatore fuggito dal Cile. La Lupa è un racconto sensuale e crudele, dove l’amplesso è lingua e l’ideologia febbre. Una liturgia d’amore e morte.

Scritto da Antonio Roma
Regia di Antonio Roma
Con Alessandro Carfagna, Andrea Ciampi, Antonio Roma, Lara Camparo, Sofia Luna Vittoria Quattrocchi
Audio e luci di Filippo Borgia

La Lupa

La Lupa

Sarajevo

Sarajevo

Sarajevo

Un giovane fotografo parte con una videocamera e un sogno ingenuo: raccontare la guerra. Ma la guerra, quella vera, non si lascia raccontare senza lasciare cicatrici. A Sarajevo condivide la quotidianità con due giornaliste disilluse, un’ex attrice diventata guida tra le rovine, un volontario pacifista. Scopre che raccontare non basta: Sarajevo è un corpo vivo, che chiede verità, presenza, dolore. Ogni immagine è un dilemma etico. Ogni passo è un atto di sopravvivenza. In quel dolore incontenibile resta un’ostinazione fragile: cercare ancora la bellezza. Sarajevo è il diario smarrito di chi ha creduto che raccontare significasse salvare. Un atto d’amore per la memoria, per chi resiste, per chi continua a guardare il mondo attraverso un obiettivo. Sperando che la luce, prima o poi, ritorni. Una resa scenica che si costruisce come un reportage interiore: tra testimonianza civile e bisogno personale di capire.

Scritto da Antonio Roma
Regia di Antonio Roma
Con Alessandro Carfagna, Antonio Roma, Sofia Luna Vittoria Quattrocchi
Audio e luci di Filippo Borgia

Apice

Ad Apice Vecchio le crepe dei muri raccontano più delle parole, le persiane cigolano come voci di donne anziane rimaste sole troppo a lungo. Elio ci torna con le ossa rotte di un matrimonio fallito e la voglia muta di sparire. Ma nel silenzio della casa dei nonni, tra mobili coperti e fotografie che sbiadiscono solo di giorno, qualcosa pulsa ancora. Ana appare come appaiono i sogni veri: con i piedi scalzi, una valigia sdrucita e lo sguardo di chi ha attraversato troppi confini. È di Belgrado ed è la primavera del 1999. Tra Elio e Ana non c’è passione. C’è qualcosa di più pericoloso: l’intimità di chi non pretende, ma riconosce. Un amore muto, fatto di bicchieri lasciati sul tavolo e respiri che si incontrano nel buio. Il paese è un fantasma popolato da presenze che sembrano uscite da un film bruciato: un uomo che colleziona finestre rotte come fossero reliquie, e una donna con due bambini addosso come ali spezzate. In questo spazio dimenticato da Dio e dalla burocrazia, Elio e Ana vivono un amore che non salva e non redime. Ma consola. Un racconto sull’amore che non urla, sull’accoglienza che non chiede spiegazioni. Un’ode sensuale e polverosa alla possibilità di non dover ricominciare, ma semplicemente restare.

Apice

Locandina Apice

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