È mercoledì 21 settembre, sono le 8.45 e ho appena concluso l’ascolto di Morning, il podcast che mi ha consigliato l’amico Zaccaria De Riso e che, a mia volta, ho consigliato ai 7 lettori del mio blog (sì, gente di poca fede, Mario mi legge. Oddio, non ogni giorno ma mi legge…). Oggi parliamo della morte di Mahsa Amini.

Il 16 settembre la polizia morale/religiosa con l’accusa di vestire in modo inappropriato, di non indossare correttamente il velo, ha arrestato Mahsa, che è morta poco dopo a causa delle violenze subite.

L’hijab in Iran è per le donne obbligatorio dalla rivoluzione islamica del 1978, ma moltissime lo indossano tenendo scoperta una parte dei capelli. Mahsa una ciocca. Le ore seguite all’arresto sono un buco nero. La ragazza, portata in una stazione di polizia nella capitale, è collassata poco tempo dopo. Trasferita in ospedale in coma, è morta dopo due giorni con ecchimosi all’orecchio destro. Il capo della polizia di Teheran ha derubricato l’accaduto a sfortunato incidente e le autorità insistono col dire che sia morta di infarto o attacco epilettico. La famiglia nega avesse problemi di salute e denuncia l’impossibilità di accedere alla stanza della medicina forense dove hanno avuto luogo gli accertamenti. Altri testimoni, tra cui alcune infermiere dell’ospedale in cui è stata ricoverata, sostengono che sia stata picchiata più volte alla testa. Le immagini della Tac, ottenute da Iran International, mostrerebbero una frattura ossea, emorragia ed edema cerebrale.

Da cinque giorni sono cominciate le proteste nelle piazze di tutto il Paese.  Le più partecipate sono avvenute però a Teheran, la capitale, dove moltissime persone hanno protestato non solo per la morte di Amini, ma anche contro gli abusi della polizia morale/religiosa, di cui hanno chiesto lo scioglimento. Ci sono stati scontri con la polizia, che ha usato cannoni ad acqua, bastoni, lacrimogeni e proiettili di gomma per disperdere i manifestanti: i feriti sono stati decine. Le autorità, inoltre, hanno reso inaccessibile internet in quasi tutto il paese.

Molti personaggi famosi, cantanti e atleti hanno chiesto pubblicamente lo scioglimento della polizia morale/religiosa e l’allentamento delle leggi morali, ancora più stringenti dopo l’elezione di Raisi.
Tra i manifestanti molte donne non hanno portato l’hijab in testa, e uno degli slogan era: “Donna, vita, libertà“.

Credo valga davvero la pena di approfondire questa storia… perché è l’ennesimo caso di una donna uccisa da uomini che decidono in che modo debba vivere la sua vita.
Perché non è il primo caso in cui la polizia abuserebbe del suo potere.

Ce verimm riman, stàteve buòno!