Buongiorno, è martedì 18 ottobre, il caffè è amaro, com’ adda’ essere, e state leggendo ‘Na tazzulella ‘e café… le note del mio iPhone.
Come sapete, i testi che scrivo non li scrivo il giorno, la sera prima, ma la mattina mi sveglio, apro i giornali ai quali sono abbonato (qui sarebbe interessante dire quali e allora lo diciamo: Repubblica, Post, Internazionale, Foglio, Essenziale, Domani) e leggo… leggo, leggo, leggo e decido cosa valga la pena scrivere. La mia non è una decisione di merito, trovo che quasi ogni articolo letto su queste testate sia meritevole di essere letto e offra, a prescindere dal fatto che condivida o meno l’opinione dell’autore, stimoli e motivi di riflessione.
La scelta, dunque, ricade, su quell’articolo che in quel momento, per un motivo o per un altro, mi ha davvero colpito e non me lo tolgo dalla testa. 

(Ogni tanto sono musica, podcast, stralci di libri a rimanermi in testa per giorni, o la mia scrittura, e allora finisco col parlare di quelli… come direbbe Bordone che cito spesso ho così tante rubriche in questo blog da dimenticarmene io stesso.

L’articolo che vorrei commentare oggi è di Anilda Ibrahimi, autrice del romanzo, pubblicato da Einaudi, Volevo essere Madame Bovary. Anilda nel suo articolo La gravidanza è di destra o di sinistra? La condanna delle donne ai dilemmi dice che nel 2019, quando l’austriaco Peter Handke vinse il Nobel per la letteratura, nell’entusiasmo del momento pubblicò sui social uno stralcio di una sua poesia. Ricevette tanti messaggi indignati, in parole povere sembrava che stesse facendo l’apologia del fascismo.

“Il volume Canto alla durata era una delle mie letture preferite, la durata senza tempo, il presente come l’eterno che coglie le minuterie del quotidiano e tutto diventa dimensione soggettiva, intuizione, sentimento. In poche parole i suoi versi erano stati un’epifania per me e chi ama la poesia capisce cosa intendo dire. Alla notizia della vittoria di Handke, tutto il mondo insorse per le posizioni filoserbe del vincitore. Avevo letto Un viaggio d’inverno, ovvero giustizia per la Serbia, pubblicato da Einaudi nel 1996, e quindi ero al corrente della sua posizione nei Balcani e non la condividevo, ciononostante apprezzavo la sua poesia.

Sono nata nel socialismo reale, dove dentro ogni cosa c’era l’ideologia e l’impegno politico dello scrittore, quindi potrei sembrare anche ingenua e forse lo sono stata, ma trovare applicato di nuovo nel post moderno un meccanismo che mi sembrava appartenesse al passato mi stupì abbastanza.
Da allora vivo da sempre con una paura costante, quella di dire o fare cose che sembrino di destra, ovviamente in Italia la parola destra non ha nulla a che vedere con il conservatorismo, è considerato sinonimo del fascismo.
Sono stremata da un quotidiano stancante dove ormai è diventato impossibile non domandarsi per ogni cosa…”

Ma questo è un ragionamento di destra o sinistra? 

Anilda racconta che la prima volta che dovette affrontare un discorso da adulti con la figlia, si parlò di gravidanza. Anilda disse alla figlia che la decisione sarebbe spettata solo alla figlia e che l’avrebbe accompagnata ad abortire se la decisione fosse stata quella. Dopodiché, continua Anilda, “le raccontai la mia esperienza… Rimasta incinta di lei laureanda, quindi senza aver raggiunto l’indipendenza economica e senza essere realizzata come donna, tutto sommato sono riuscita a realizzarmi in tutti i sensi, oggi madre di tre figli e soddisfatta professionalmente delle cose che faccio. Quindi se la sua decisione fosse stata di natura meramente economica e se lei avesse voluto prima realizzarsi come donna, le ho detto che avrebbe potuto farlo anche con un figlio ed io sarei stata accanto a lei.

Se mia figlia avesse interpretato il mio discorso come tante donne progressiste hanno interpretato in questi giorni la questione degli aiuti economici, una cosa in più nell’applicazione della 194 senza mai togliere il diritto della scelta dell’aborto, mi viene il dubbio che mi avrebbe dato dell’attivista militante Prolife! Per essere una donna di sinistra avrei dovuto ancora dire, ancora una volta: figlia mia, l’utero è tuo e te lo gestisci tu!

Stiamo andando troppo per le lunghe e trovate l’articolo nella sua interezza su Domani. Arrivo al dunque: la sinistra lotta per il progresso e l’affermazione dell’uguaglianza invece la destra per la conservazione e la difesa dei valori tradizionali. Ma con la caduta del muro di Berlino lo spazio sociale che innescava le lotte non esiste più..

Che significa? Facciamo un gioco… quello che ci propone Anilda Ibrahimi nel suo articolo.
Osserviamo da spettatrici e spettatori il percorso della prima donna premier nella storia italiana e tralasciando tutto il resto, soprattutto l’ideologia, proviamo a fare un identikit.

“Una ragazzina che parte da un quartiere popolare, vanta una lunga militanza, abitata sempre da parole come comunità e diritti sociali, ha un compagno ma non un marito, decide di figliare senza essere sposata, cresciuta in una famiglia non così tradizionale, origini umili quindi niente lotte per mantenere la posizione della sua classe sociale dove il progresso del proletariato la danneggerebbe.”

Se fossimo in un quiz televisivo, ascoltando questo elenco e nell’ottica in cui eravamo abituati a ragionare una volta su cos’è di destra e cosa di sinistra, direste che la donna in questione appartenga alla sinistra o alla destra? 

GRAZIE Anilda di averci aperto gli occhi.
A domani, buona giornata.

Ce verimm riman, stàteve buòno!