Spesso, senza nemmeno rendercene conto, ricordiamo un particolare avvenimento perché nella nostra mente abbiamo uno specifico fotogramma riconducibile all’accaduto. Si tratta della fatidica memoria fotografica che tanto si sente nominare quando si parla di studio e tecniche di memorizzazione. Alcuni sentono di averla molto sviluppata in maniera innata, altri sono convinti che la memoria per immagini non sia proprio cosa loro, ma la verità è che un po’ di memoria fotografia è presente in ognuno di noi, tutto sta nel saperla coltivare e farla crescere nel modo giusto.

Oggi a proposito di memorizzare attraverso le immagini parliamo di come la fotografia ha testimoniato la guerra in Bosnia dal 1992 al 1995. 

Chi frequenta questo sito e conosce la realtà di Antonio Roma – Teatro Civile sa il ruolo che la Bosnia riveste nel nostro lavoro. Fin dal primo articolo avrei voluto parlare di Sniper Alley, il più grande archivio fotografico sul conflitto bosniaco esistente ad oggi, ma ho sempre rimandato. Poi, di recente, mi sono ritrovata a leggere e lavorare sulla testimonianza dell’ideatore di questo progetto, Džemil, e ho capito che era arrivato il momento di parlarne sul blog.

Džemil ha vissuto il dramma dell’assedio di Sarajevo e della guerra nei Balcani da ragazzino. Inizialmente, come tutti i bambini, aveva preso il conflitto come un gioco. Niente scuola, molto più tempo per giocare, niente genitori tra i piedi…sembrerebbe il sogno di ogni bambino, un sogno destinato però a svanire nel 1995.

Il maggio di quell’anno, proprio sul finire della guerra, Džemil perse suo fratello, ucciso da un cecchino.

Nei giorni successivi bisognava trovare delle sue foto per i giornali e il funerale ma l’unica che riuscirono a reperire era molto vecchia, suo fratello era appena un bambino. Fortunatamente, a suo padre venne in mente che il fratello di Džemil aveva ottenuto una borsa di studio e che in quell’occasione gli avevano scattato una foto. Quella è l’ultima foto che hanno che lo ritragga, una delle cose più inestimabili che possiedono.

Quella foto inserì un seme nell’animo di Džemil, un seme destinato a sbocciare molti anni dopo, quando decise di creare uno degli archivi fotografici sulla guerra in Bosnia più importanti al mondo: Sniper Alley, che significa viale dei cecchini, i carnefici di tanti bambini come suo fratello.

Lo scopo di Sniper Alley è trovare ed archiviare fotografie scattate a Sarajevo, in Bosnia, durante la guerra – dal 1992 al 1996. In altre parole documentare la guerra dal punto di vista delle persone che l’hanno vissuta, come Džemil e la sua famiglia. Il progetto vuole dare un riconoscimento ai fotografi coraggiosi che hanno vissuto il conflitto con i bosniaci e che hanno testimoniato le loro sofferenze. Alcuni di loro hanno addirittura tragicamente perso la vita mentre lo facevano…

Non è facile per Džemil raccontare tutto questo, gli ci sono voluti più di 20 anni. Molte interruzioni e ripartenze. Ad ogni modo, spera che il lavoro possa aiutare lui e gli altri bambini che sono sopravvissuti alla guerra perché quanto questa sia la sua storia, in realtà è la storia di tutti i bambini che hanno vissuto la guerra e l’assedio più lungo della storia contemporanea sulla loro pelle. 

L’archivio di Sniper Alley è ricco di scatti e racchiude l’arte di diversi fotografi, io, qui di seguito, ho deciso di riportarne tre, ma il consiglio è di dare un’occhiata all’intero sito e alla pagina instagram.

 

Partiamo dal primo scatto. 

https://www.instagram.com/p/Cj8ciXKhSwM/?igshid=YmMyMTA2M2Y=

Ci troviamo di fronte ad un dettaglio: le scarpe di un bambino che spiccano per il loro colore acceso. Guardando l’immagine il mio sguardo viene cullato dalle ombre che la luce crea sul tessuto che ricopre e circonda le gambe del soggetto. Dietro a questo gioco di luci e ombre però, si nasconde uno scenario drammatico. Chris Helgren, l’autore, ha deciso di puntare il suo obiettivo sulle scarpe che si trovano ancora ai piedi di Evelin Seldo, ma che non verranno più utilizzate né per correre, né per saltare. Evelin Seldo è stato ucciso il 22 marzo 1993. Era a scuola con i suoi amici quando i cecchini serbi hanno puntato il mirino su di lui, stroncando la sua vita ad appena 11 anni.

 

Cercando di smorzare un po’ le sensazioni che lasciano certe immagini, passiamo ora al secondo scatto.

https://www.instagram.com/p/CcAkcykrfDQ/?igshid=YmMyMTA2M2Y=

Anche in questo caso ci troviamo di fronte all’immagine di un bambino. Dal punto di vista tecnico l’immagine risulta perfetta. L’occhio è perfettamente a fuoco e centrato nel buco creato sul vetro da un proiettile, il contorno è sfocato e tutta l’attenzione dell’ osservatore si concentra sul foro. Ciò che colpisce realmente di questa foto è il messaggio, la storia che racconta. Basta leggere la descrizione per capirlo: “ Questo è l’aspetto della guerra dei bambini, giocare alla guerra durante la guerra”. Attraverso questo scatto il fotografo Derek Hudson rappresenta come la violenza fosse diventata, negli anni dell’assedio e della guerra, un elemento con cui giocare. L’espressione del bambino è serena, sta giocando ed è possibile notare chiaramente che il fatto di avere un arma in mano non rappresenta in alcun modo un elemento di disturbo. Hudson dà un volto ad un tema molto importante del lungo conflitto che ha interessato la Bosnia per oltre 3 lunghi anni: l’abitudine alla violenza..

 

Infine, con il terzo e ultimo scatto di oggi, ci spostiamo, in parte, dal mondo dei bambini al mondo degli adulti. 

https://www.instagram.com/p/Ca_vIHJLzCq/?igshid=YmMyMTA2M2Y=

Perché in parte? Perché in realtà nello scatto una bambina c’è: Afredita Sadikaj. Afredita è stata uccisa il 15 gennaio 1993 mentre era in coda con suo padre per avere accesso all’acqua. Jim Bartlett, l’autore di questa foto, compie l’astuta scelta di sfruttare la convergenza di due linee, quella della pala e quella della lapide in legno, per guidare lo sguardo dell’osservatore verso il punto più importante dell’inquadratura. Proprio in quel punto infatti risiede la storia che quest’immagine racconta. In quel preciso punto, sotto il cumulo di terra si trova un corpo, il corpo di Afredita, un corpo simbolo dei tanti bambini innocenti uccisi durante gli anni della guerra in Bosnia.

 

Siamo arrivati alla fine di questo articolo, un po’ diverso dal solito, ma al quale tengo molto. Se la vicenda di Džemil vi ha incuriosito, vi consiglio di visitare il sito Un caffè oltre i muri, dove, tra le diverse storie, potrete trovare anche la sua. Non dimenticatevi inoltre che Sniper Alley ha moltissimi scatti con moltissime storie da raccontare, io oggi ve ne ho riportate tre, ma l’intero archivio merita di essere visitato.

Noi ci ritroviamo sempre qui, domenica 27 novembre con nuove fotografie di cui parlare.

Immortalate storie e raccontate Tenacia.

Al prossimo caffè fotografico.

Buona giornata.