Buongiorno, è giovedì 17 novembre, il caffè è amaro, com’ adda’ essere, e state leggendo ‘Na tazzulella ‘e café… le note del mio iPhone.
Oggi parliamo con Mario Roma, frontman della band Pellerossa, di The Car degli Arctic Monkeys. Yes, Let’s Go 😉
Come spieghi la decisione degli Arctic di fare un cambiamento così netto con The Car?
Penso sia la fisiologica prosecuzione di ciò che avevano iniziato con Tranquility base hotel & casino. Ci sono delle differenze certo, ma l’impronta mi pare essere grosso modo la stessa, vale a dire l’idea di allontanarsi da sonorità più immediate e per certi versi di più facile fruizione per un pubblico abituato all’alternative e sperimentare, indagare angoli più remoti e, se vuoi, intimi. La trovo una scelta molto coraggiosa, la vedo come la volontà di rispondere solamente alla propria esigenza personale di fare musica. Senza tenere conto di altro.
Quali sono le principali differenze con il passato?
Prima di parlarti delle differenze, partirei col sottolineare le analogie, ciò che non è cambiato dal passato. Lo stile di scrittura rimane lo stesso, sempre al limite tra il pungente e l’onirico, l’estremamente tangibile e l’inafferrabile. C’è quel velo di malinconia ricorrente, che non fa più scalpore, che si accetta e basta e mi piace. In termini di sonorità invece, gli ultimi due album vanno in una direzione più cinematografica, alcune canzoni di The car sembrano quasi delle colonne sonore. Tutto sommato però, mi sembra che si tratti di uno spin off, di un’esplosione di ciò che già prima c’era, era assolutamente presente; pensa ad I wanna be yours, che è una delle loro canzoni più conosciute, potrebbe tranquillamente, con alcuni aggiustamenti di arrangiamento, far parte di The car o del precedente Tranquillity base hotel & casino, eppure è un pezzo contenuto in AM del 2013 (quello dove c’è Do I wanna know? Per intenderci). Lo stesso discorso, forse ancora più evidente, lo si può fare per brani come Only ones who know, che è addirittura del 2007, album Favourite worst nightmare.
Poi è chiaro, in The car, in termini armonici e di scelte stilistiche, c’è un continuo ricorso allo spaesamento, ci sento un pò di Bowie anche, penso a brani come Body paint. Gli archi poi sono protagonisti, le chitarre sono centellinate e questa è una scelta importante. Non hanno più la necessità di farle suonare sempre, di metterle in evidenza di continuo. I riff ci sono, ma solo quando servono, a differenza forse di altri album, in cui quasi ogni brano cominciava e finiva con una linea di chitarra ben delineata e ostinata.
Qual è la tua opinione su The Car?
Lo trovo molto interessante, come detto non è sempre semplicissimo da ascoltare, non è un album per tutte le situazioni, probabilmente non lo metterei in sottofondo durante la festa di un diciottesimo compleanno, ma per fortuna direi, considerando che di album così ne è pieno il mercato. Ci voleva. Gli Arctic mutano, ma non cambiano, sono loro, riconoscibili, esplorano territori differenti, lo fanno in modo inusuale e questo è lodevole.
Ce verimm riman, stàteve buòno!